Il Mondo da Scoprire - Episodio 4
Nel cuore del mar Tirreno, Ischia, la più grande delle isole Flegree, da secoli è punto di riferimento per la cultura e il turismo internazionale. Abitata sin dal Neolitico, Ischia è stata la prima colonia greca nel nostro Paese, fondata intorno al 770 a.C. dai coloni provenienti dall’isola greca Eubea che, come ci racconta Tito Livia, sbarcarono nella baia di San Montano e si insediarono a Monte Vico, una piccola frazione dell’odierna Lacco Ameno.
Una storia millenaria, segnata dal tragico terremoto che colpì l’isola – soprattutto Casamicciola – alle 21.30 del 28 luglio 1883: una manciata di secondi che costò la vita a oltre 2300 persone. Le prime notizie del disastro giunsero a Napoli verso la mezzanotte del giorno stesso, ma la macchina dei soccorsi si mosse con una certa lentezza, riscattata dall'eroismo dei singoli. Le scosse di assestamento furono parecchie, la più forte fu avvertita il 3 agosto. Tra le vittime del terremoto vi furono anche i genitori e la sorella del filosofo Benedetto Croce, il quale – allora diciassettenne – fu estratto vivo dalle macerie, ma ferito gravemente. Viste la violenza e la drammaticità, il terremoto entrò in locuzioni, poi diventate di uso comune, come “Qui succede Casamicciola” o “Faccio una Casamicciola”, per indicare una situazione di caos e di grande confusione.
Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, l’isola, da dimora di pescatori e agricoltori che era, diventò meta del turismo e del jet set internazionale. Merito dell’imprenditore milanese Angelo Rizzoli, che si innamorò perdutamente dell’isola, delle sue asperità, dei suoi colori e dei suoi panorami mozzafiato (ascolta il nostro podcast per scoprire la storia di Angelo Rizzoli): non a caso, è anche noto come “l’uomo che ha inventato il turismo a Ischia”.
Terme, calette, spiagge e prelibatezze enogastronomiche, ma anche una natura rigogliosa impreziosita da ville e giardini da sogno.
Ville e giardini
Villa Arbusto
A Lacco Ameno sorge il Museo Archeologico di Villa Arbusto, noto anche come Museo Archeologico di Pithecusae, l’antica denominazione di Ischia. Raccoglie i reperti e i manufatti dei primi coloni, merito dell’impegno dell’archeologo tedesco di madre italiana Giorgio Buchner che nel 1952 cominciò gli scavi. Furono rinvenuti corredi con monili (vasi, piccole sculture di terracotta, brocche e coppe, scarabei egizi, lingotti di piombo, attrezzatura da pesca, pesi per telaio, strumenti da lavoro) e, soprattutto, la Tazza da Rodi, custodita in una ricca tomba a cremazione, portata alla luce e ricomposta dallo stesso Buchner. Si tratta di una kotyle (un vaso greco) alta una decina di centimetri e datata 725 a.C.. Faceva parte del ricco corredo funebre appartenuto a un fanciullo di 10 anni. La coppa è nota anche come “Coppa di Nestore”: su un lato ha inciso, in alfabeto euboico (una versione dell’alfabeto greco) e in direzione retrogada, come nella consuetudine fenicia, un epigramma formato da tre versi, che allude alla famosa coppa descritta un passo dell’undicesimo libro dell’Iliade di Omero: “Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona”. Si tratta della più antica iscrizione metrica in greco. “Un altro reperto eccezionale è il Cratere del Naufragio che, in stile sintetico, racconta l’episodio di un naufragio – spiega Aurora Marzi, storica dell’arte –, con gli uomini sbalzati in mare dalla nave e i pesci giganteschi che li divorano. È un’immagine sorprendentemente e dolorosamente attuale: un ignoto artigiano greco dipinse la prima pagina di storia dei migranti nel mare Mediterraneo”.
Venendo al Museo, Villa Arbusto è stata costruita nel 1785 da Don Carlo Aquaviva, Duca di Atri, di antica famiglia nobile abruzzese, come casino di campagna. L’attuale villa è arricchita da un grande giardino retrostante in cui sono tuttora esistenti un fabbricato minore per gli ospiti, una cappella, una ‘stufa’ per l’uso terapeutico delle fumarole calde che vi sorgono, una grande cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, il ‘piscinale’ che provvede al rifornimento idrico del complesso e alimenta la vasca di una graziosa fontana. Oltre a ospitare le importanti sezioni archeologiche, dal 2000 presenta alcune sezioni dedicate alla vita, all’opera e alla attività editoriale e cinematografica di Angelo Rizzoli (1889-1970), noto imprenditore milanesi, l’uomo che negli anni Cinquanta ha trasformato Lacco Ameno, allora piccolo porto di pescatori, in una stazione climatica –termale di fama internazionale
I Giardini La Mortella
Eccolo, il sogno d’amore di Lady Susana, amante della natura, ambientalista ante litteram, e sir William Walton, tra i più celebri compositori inglesi di musica del ventesimo secolo. Approdarono a Forio nel 1949 e insieme coronarono un sogno lungo una vita: dare vita a uno dei giardini più belli del mondo, trasformando un terreno dominato da un’aspra falesia. Per farlo contattarono il famoso architetto paesaggista Russel Page, che nel 1956 disegnò un progetto straordinario, che prevedeva l’integrazione di piante e fiori fra le pittoresche formazioni rocciose di origine vulcanica. Arricchì il giardino con fontane, piscine, corsi d’acqua. Permise la coltivazione di piante esotiche come papiro, fior di loto, ninfee tropicali. Spiega Marzi: “La dislocazione del giardino a vari livelli, collegati da viali e sentieri, consente di passeggiare in una sorta di paradiso terrestre, che si estende per ben ventimila metri quadri, impreziositi da migliaia di piante rare ed esotiche”. Alcune piccole costruzioni – pergolati, padiglioni da giardino – offrono al visitatore continue sorprese. Tra queste, una bellissima sala da tè e la sala Thai dedicata alla meditazione. Dopo la morte nel 2010 di Susana, la fondazione creata dai coniugi (la Fondazione William Walton), oltre che occuparsi del mantenimento di questo straordinario giardino, per espressa volontà della signora cominciò a organizzare, a giugno, luglio e agosto, favolose serate musicali, con il Festival delle orchestre giovanili e con concerti di musica sinfonica, ogni giovedì nel suggestivo teatro greco: “Partecipare a uno di questi momenti è un’occasione da non perdere, un’emozione indescrivibile. Da un lato, il golfo di Forio che piano piano si accende di luci nella cielo rosato del tramonto; dall’altro, il severo profilo del Monte Epomeo”, evoca Marzi. La stagione concertistica non si esaurisce: in primavera e in autunno si tengono i recital di musica da camera. La zona del Giardino chiamata Ninfeo accoglie le ceneri di Lady Susana. Riposano in una nicchia vicino alla statua di Afrodite, con una semplice lapide su cui è scritto “Susana Walton - genius loci”.
Con questa locuzione latina si usa indicare lo spirito che anima e pervade un giardino e che lo rende unico: ciò che Susana è stata per La Mortella.
Villa La Colombaia
Il regista Luchino Visconti aveva 39 anni quando sbarcò a Ischia per la prima volta. Incantato dagli scenari da favola dell’isola decise di acquistare una casa. La scelta cadde sulla Colombaia, una villa costruita tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900, immersa nella vegetazione collinare del bosco di Zaro, circondata da 25 mila metri quadrati di parco. Il proprietario era il barone Muzio Fassini, che la vendette a Visconti nel maggio del 1963 per 80 milioni di lire. Il regista incaricò l’architetto Giorgio Pes di ristrutturare la villa in stile liberty.
La villa, con le sue 25 stanze decorate con vasi d’alabastro, maioliche siciliane del ‘700 acquistate da Visconti durante la lavorazione del “Gattopardo”, divenne un cenacolo esclusivo d’arte e di cultura ospitando personaggi del cinema. Da qui passarono Alain Delon, Helmut Berger, Marcello Mastroianni, Umberto Orsini. E poi dive come Romy Schneider, Annie Girardot, Silvana Mangano, la cantante lirica Maria Callas.
Nell’immenso parco della villa, Visconti amava passeggiare e ritirarsi in un angolo appartato, chiamato Il Pensatoio, per lasciarsi ispirare per le sue opere. Per volontà del regista , scomparso nel 1976, le sue ceneri sono state tumulate alla Colombaia nel 2003 assieme a quelle della sorella Uberta. Un’ala della villa è stata consacrata alla memoria del regista, tra immagini, cimeli e costumi da scena, mentre nell’anfiteatro naturale della villa si sono svolte proiezioni dei sui film, oltre che la cerimonia annuale della consegna del premio internazionale il Gattopardo d’Oro. Purtroppo nel 2018 la villa è stata chiusa e depredata dai ladri: nella speranza che riapra al più presto, è possibile visitare l’esterno e l’incantevole parco.
Le terme
Le potenzialità delle acque termali ischitane sono note e utilizzate sin dall’antichità. La sua natura vulcanica, rende l’isola uno dei maggiori centri termali d’Europa.
Come testimoniano i reperti conservati nel Museo Archeologico di Villa Arbusto, già i primi coloni apprezzavano e usavano le acque delle sorgenti termali. Per i Greci le acque termali avevano poteri soprannaturali: erano in grado di risollevare spirito e corpo, oltre che di curare i postumi delle ferite di guerra. Se i Greci furono i primi a riconoscere i poteri delle acque termali, i Romani le esaltarono come strumento di cura e relax attraverso la realizzazione di Thermae pubbliche e utilizzarono proficuamente le numerose sorgenti dell’isola, come dimostrano le tavolette votive rinvenute presso la Sorgente di Nitrodi a Barano d’Ischia, dove sorgeva un tempietto dedicato ad Apollo e alle Ninfe Nitrodie, custodi delle acque. Il declino della potenza di Roma coincise con l’abbandono dell’uso delle terme: non ci sono infatti tracce dell’uso delle acque nel Medioevo.
Di acque sorgive termali si ricominciò a parlare nel Rinascimento grazie al medico calabrese Giulio Iasolino. Docente dell’Università di Napoli, verso la fine del Cinquecento, affascinato dal clima e dai fenomeni di vulcanismo secondario (fumarole e acque termali), intuendo le potenzialità terapeutiche del mezzo termale, effettuò un meticoloso censimento delle sorgenti dell’isola, ne individuò la composizione delle acque e compì dettagliate osservazione dei loro effetti su numerose patologie che affliggevano i suoi contemporanei. Dopo le esperienze di Iasolino, agli inizi del Seicento, considerando che molte guarigioni si ottenevano con l’uso dei bagni termali e che le cure a Ischia, abbastanza costose, potevano permettersele solo nobili e ricchi borghesi, un gruppo di nobili filantropi napoletani fece edificare nel comune di Casamicciola il “Pio Monte della Misericordia”, l’allora più grande stabilimento termale d’Europa.
Dal Seicento alla metà del Novecento furono costruiti in prossimità delle più rinomate sorgenti termali numerosi stabilimenti e strutture ricettive, dalle quali passarono personaggio celebri come Giuseppe Garibaldi (per conoscere la sua storia, ascolta il nostro podcast), Camillo Benso conte di Cavour e Arturo Toscanini. Poi arrivò Angelo Rizzoli, e le acque termali ischitane si aprirono ai grandi flussi turistici.
Ciak, si gira!
A Ischia come su un set
Decine di scrittori hanno scritto di Ischia, decine di pittori l’hanno dipinta, decine di registi l’hanno scelta come location dei loro film. Si va dal “Corsaro Nero” di Amedeo Parmitani a “Cleopatra” di Joseph L. Mankiewicz (nel nostro podcast, la storia d’amore tra Liz Taylor e Richard Burton, nata proprio sugli scogli ischitani); da “Caccia alla volpe” di Vittorio De Sica a “Che cosa è successo tra mio padre e tua madre?” di Billy Wilder; da “Il talento di Mr. Ripley” di Anthony Minghella per arrivare ad “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino.
Ischia da mangiare
Tra le tante bellezze dell’isola d’Ischia non possiamo non annoverare la sua cucina. Una cucina dalla doppia anima di terra e di mare, fortemente legata al territorio e al vissuto dei contadini e dei pescatori dell’isola.
Imperdibile, il piatto della domenica: il coniglio all’ischitana: la carne di coniglio viene cucinata in un tegame di terracotta (o’ tiano) con aglio, olio di oliva, sale, peperoncino, vino bianco, pomodoro e spezie tipiche dell’isola. Il sugo che si ricava è utilizzato per condire i bucatini che vengono serviti mantecati con abbondante formaggio grattugiato. Il coniglio è quello di fossa: a Ischia i conigli sono storicamente allevati in buche, liberi di scavare cunicoli e muoversi nella terra. Questo conferisce alle carni maggior sapore e consistenza.
Altro piatto storico, l’aperitivo ischitano per eccellenza, fave e ventresca. Questo connubio di sapori tipicamente pasquali fa capolinea sulle tavole isolane fin dall’inizio di aprile quando, le prime fave, spuntano nelle terre ischitane. Non c’è abbinamento migliore che mangiare le fave, rigorosamente fresche e crude, con una fettina di ventresca e un po’ di pane. Il sapore burroso della ventresca si mescola perfettamente con la freschezza della fava.
Oltre le ricette, i prodotti tipici: su tutti, il Pomodoro Piennolo. Il Pomodoro Piennolo di Barano d’Ischia è un pomodoro rosso dalla polpa soda, perfetto per il consumo invernale. Il nome trae origine appunto da Barano, comune dell’isola, dove questo pomodoro viene conservato per l’inverno raccolto all’inizio dell’estate (anche quando è ancora verde: questo spesso li fa per prevenire eventuali condizioni atmosferiche avverse) in grappoli intrecciati a un ramo di ginestra o legati con lo spago, e poi appesi al soffitto. Questo grande grappolo di pomodori viene chiamato “piennolo”, che significa appunto pendolo, in quanto pendente. Attenzione a non confonderlo con il Piennolo del Vesuvio: si tratta di piante diverse. Il Pomodoro Piennolo di Barano è l’elemento chiave del coniglio all’ischitana.
Per accompagnare tutte queste prelibatezze, Ischia offre anche viti millenarie. Secondo alcuni studiosi, l’incisione laterale della Coppa di Nestore di cui abbiamo scritto all’inizio del nostro viaggio dimostrerebbe la produzione vinicola sull’isola già nell’VIII secolo a.C.. Il vino di Ischia ha caratteristiche uniche: si va dalle caratteristiche del terreno (è il suolo tufaceo a conferire sapidità ai vini isolani), alla diversità del paesaggio, passando per i tempi di maturazione e raccolta. Ischia è stata la prima località campana a potersi fregiare della denominazione di origine controllata per i propri vitigni autoctoni. I vigneti dell’isola di Ischia producono di preferenza vini bianchi, come l’Ischia (biancolella 65%, forastera 20%, altri vitigni 15%) e l’Ischia superiore (forastera 50%, biancolella 40%, san lunardo 10%), ottimi abbinati con il pesce del mare che la circonda, cui si affianca l’Ischia rosso (guarnaccia 50%, piedirosso 40% e barbera 10%), dal sapore vivace e giustamente tannico. Che la degustazione abbia inizio!
Ascolta il podcast Robintur dedicato all'isola di Ischia.
Luglio 2020
il mondo secondo robintur
Città che rimangono nel cuore, panorami indimenticabili, esperienze imperdibili: leggi e lasciati ispirare.