Robintur Robintur
  • Viaggi
  • Promozioni
  • Agenzie
  • Cataloghi
  • user
  • Destinazioni
  • Lasciati ispirare
  • Tour
  • Mare
  • Italia
  • Crociere
  • Nozze
  • Sociocoop
robintur Demo user
  • Viaggi
    • Destinazioni
    • Lasciati ispirare
    • Tour
    • Mare
    • Italia
    • Crociere
    • Nozze
    • Sociocoop
  • Promozioni
  • Agenzie
  • Cataloghi
  • user

Umbria da scoprire

Il Mondo da Scoprire - Episodio 8

Il 15 maggio è la Festa dei Ceri. Si ripete, ininterrottamente – anche se quest’anno, a causa dell’emergenza sanitaria, è stata organizzata con modalità differenti – dal 1160. Il 15 maggio, a Gubbio, i fedeli trasportano sulle spalle, di corsa, tre Ceri coronati da statue di Santi: Sant’Ubaldo – il patrono della città –, San Giorgio e Sant’Antonio Abate. Ma cosa sono i ceri? Dipende, perché ci sono ceri grandi, ceri mezzani e ceri piccoli. I ceri grandi sono manufatti in legno alti in media 400 metri e pesanti quasi 300 chili. La festa dei ceri mezzani si svolge la prima domenica dopo il 17 maggio: si tratta di ceri di dimensioni ridotte portati da ceraioli adolescenti. La festa dei ceri piccoli è il 2 giugno: i ceri piccoli sono ancora più bassi e leggeri e sono portati dai bambini. Dal 1973 i Tre Ceri rappresentano il simbolo della Regione Umbria e sono stilizzati nel suo gonfalone e nella bandiera ufficiale.

Il cuore verde d'Italia

Il Clitunno

Siamo partiti da qui, da una delle feste più note, appassionate e impressionanti (per le dimensioni ceri) d’Italia per raccontare “il cuore verde d’Italia”: l’Umbria. L’Umbria, l’unica regione non situata ai confini politici o marittimi dello Stato italiano e, con soli 92 comuni, la regione a statuto ordinario con il minor numero di comuni. Caratterizzata dal continuo susseguirsi di aree collinari e fondovalle fluviali, si identifica con le zone della Valle Umbra e della Valtiberina. Ci sono le dorsali montuose dalla Valnerina e il massiccio dei Sibillini, con vette che raggiungono i 2400 metri. Accoglie anche il quarto lago naturale più esteso d’Italia, il Trasimeno, e numerosi torrenti e fiumi: il Tevere, il Nera, il Paglia, il Chiascio, il Topino e il Nestore, ma anche il Corno, il Fersinone, il Clitunno. Il Clitunno, in molti, accenderà una lampadina: invocato da Giosuè nelle sue Odi Barbare, da Properzio, Giovenale, Virgilio, Plinio il Giovane. Conosciuto sin dall’antichità, aveva come nume tutelare il dio Giove Clitunno, a cui è dedicato il tempietto costruito sulle sue rive, riconosciuto nel 2011 come Patrimonio Unesco (per saperne di più, ascolta il nostro podcast).

I Prati di Stroncone

Tra le destinazioni “verdi” da non perdere, i Prati di Stroncone. Vicino a Stroncone, borgo medievale arroccato su un colle ricoperto di uliveti e gelosamente protetto dalle solide mura castellane, si cela un vero e proprio luogo da sogno, a circa mille metri di altitudine. I Prati di Stroncone – ricompensa dopo un susseguirsi di curve e salite – si trovano alle pendici del Monte Macchialunga. Quando i fianchi delle montagne iniziano quasi ad allontanarsi dal ciglio della strada, si fanno spazio delle verdi distese pianeggianti, con pochi alberi, ma di notevoli dimensioni.

Splendide e ampie distese in cui potersi riposare e rilassare in compagnia degli amici o divertirsi con i più piccoli: un gioiello a pochi passi da Terni, forse poco conosciuto, ma che conquista al primo sguardo.

Da non perdere nelle vicinanze, il Monastero Museo delle Orsoline: il museo si trova all’interno del centro storico di Calvi dell’Umbria, ultimo comune a sud della regione, alle pendici del monte San Pancrazio. Aperto nel 2002, ha sede all’interno del complesso monastico delle Orsoline. La struttura, considerevole esempio di architettura italiana del XVIII secolo, nasce dall’accorpamento del cinquecentesco palazzo Ferrini con due chiese, unificate da una monumentale facciata progettata a partire dal 1739 da Ferdinando Fuga. Al celebre architetto si deve anche la porzione di edificio appositamente costruita ad uso del monastero. La collezione è costituita da opere databili tra il XVI e il XVIII secolo provenienti dalle demaniazioni postunitarie e dallo stesso monastero. Vi si leggono influenze dell’arte romana e abruzzese, a conferma della particolare collocazione di Calvi a confine fra Umbria, alto Lazio e Abruzzo. Sono visitabili anche gli ambienti storici del monastero come le cucine, il lavatoio, la spezieria, l’area cimiteriale, la cripta, l’orto e il giardino. Nel 2012 il Museo è stato riallestito per ospitare una prestigiosa collezione di opere pervenute per donazione da parte della famiglia romana Chiomenti-Vassalli. La collezione è costituita da oltre 100 opere, pittoriche e scultoree, di autori quali P. Bruegel il Giovane, Guido Reni, Furini, Batoni, Magnasco, Voet, Petruccio Perugino. Parte integrante del percorso museale è anche la chiesa di Sant'Antonio Abate che ospita un monumentale presepe composto da trenta sculture in terracotta policroma realizzato nel 1546 dagli abruzzesi Giovanni e Raffaele da Montereale.

Parco di Archeologia Arborea

Un antico eremo immerso nel verde della campagna alto tiberina e un vivaio molto particolare dove protagonista è la storia delle nostre campagne e degli alberi che non molti anni fa caratterizzavano i terreni dei contadini umbri: è questa Archeologia Arborea, situata nelle campagne fra Umbria e Toscana. Ideatrice e curatrice del parco archeologico è Isabella Dalla Ragione, agronoma, ricercatrice paesaggista, che dopo la morte del padre Livio, ha portato avanti questo progetto, prima con un’associazione e oggi con la Fondazione dell’Archeologia Arborea che ha sede a San Lorenzo di Lerchi, località del Comune di Città di Castello. Andando a cercare fra campi abbandonati, orti di antichi conventi, giardini, boschi, ascoltando racconti di vecchi contadini, Isabella è riuscita a recuperare e a mettere a dimora circa 400 varietà di frutta mantenendo tradizioni, usi popolari e sistemi di coltivazione. Ed è così che questi frutti dai nomi originali e dimenticati – la “pera briaca”, la “pera del curato”, la  mela “culo d’asino”, la “mela limoncella”, la “mela conventina”, la susina verdacchia, il “fico permaloso”, “l’uva passerina” e tante altri varietà di piante – sono ritornati in vita riproducendo sapori e odori di un tempo. I Soci della Fondazione arrivano da Italia e tutta Europa; versando un piccolo contributo è possibile adottare una delle piante in collezione, potendo così consumarne i frutti, tranne tre: uno per il sole, uno per la terra e uno per la piante, secondo una tradizione locale. Tra i soci dell’Archeologia, personaggi noti come l’attore Gérard Depardieu, che ha adottato la “pera briaca” dalla polpa zuccherina e rossa come se fosse imbevuta di vino. Il giornalista John Seabrook  del New Yorker, invece, ha adottato la “mela roggia”. Bill Pullman, star di Hollywood, collabora attivamente con Archeologia Arborea e ha adottato la “mela fiorentina”. Il parco è aperto su prenotazione e viene visitato da tecnici, associazioni, singoli cittadini oltre che da scolaresche di ogni ordine e grado. Al termine della visita Isabella vi farà assaggiare il miele, le sue deliziose marmellate preparate con i frutti del parco con i quali fa anche delle ottime crostate. Il tutto accompagnato dal sapore ineguagliabile del Vin Santo Affumicato, divenuto presidio Slow Food dell’Umbria, prodotto con le uve migliori del vigneto di Archeologia Arborea.

L'Umbria medievale

Montefalco, la “Ringhiera dell’Umbria”

L’Umbria, oltre a essere profondamente verde, è anche molto legata al suo passato medievale. Il Medioevo, infatti, attraversa sfacciato tutti i piccoli borghi che compongono il tessuto di questa regione. Tra questi, Montefalco. Situato nell’area centro-orientale della regione, Montefalco sorge sul vertice di un colle ricoperto di olivi e viti che si erge al centro delle valli del Clitunno, del Topino e del Tevere. Per la sua splendida posizione panoramica è definita la “Ringhiera dell’Umbria”. Nel 1452 Benozzo Gozzoli la ritrasse nell’affresco dedicato alla Predica agli Uccelli. Il tessuto medioevale di Montefalco ancor oggi è quasi tutto racchiuso dalla doppia cinta delle mura castellane, risalenti tra XIII e XIV secolo sormontate da torri e su cui si aprono le antiche porte. La più maestosa è Porta Sant’Agostino, sovrastata da una grande torre con merlatura ghibellina. Il cuore della città medioevale, che ha il suo centro nella caratteristica Piazza del Comune, custodisce pregevoli opere d’arte che testimoniano il cammino della città nel tempo. Tra queste, la Chiesa di San Francesco e il Museo Civico: la chiesa, edificata tra il 1335 ed il 1338 dai Frati Minori, fu da questi tenuta fino al 1863, anno in cui passò al Comune di Montefalco, divenendo nel 1895 Museo Civico. Ristrutturata nel 1190, ha permesso la realizzazione di una struttura museale articolata in 3 spazi espositivi: la ex chiesa, con numerosi affreschi che vanno dal XIV al XVI secolo con opere di Benozzo Gozzoli, del Perugino, del maestro del Crocefisso di Montefalco, di Jacopo di Vinciolo; la Pinacoteca, con opere del Melanzio, di Melozzo da Forlì, Antoniazzo Romano e sculture lignee del XIII e XV secolo; la Cripta, dove sono raccolti i reperti archeologiche ed altre sculture e frammenti di varie epoche. Il territorio di Montefalco, insieme a quello dei Comuni Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo, Bevagna e Castel Ritaldi, fa parte dell'itinerario enogastronomico della strada del Sagrantino, un percorso per apprezzare uno dei vini più pregiati della terra umbra.

I borghi dello spoletino

Alla scoperta dei borghi fortificati di Eggi, Silvignano e del castello di Bazzano Inferiore: un salto nella storia medievale, un breve itinerario storico per conoscere tre piccole frazioni del Comune di Spoleto, nel Medioevo importanti centri per il controllo del territorio del Contado e delle vie commerciali. Iniziamo questo percorso da Eggi, uno dei molti borghi che si possono incontrare lungo gli oltre 40 chilometri di uliveti della “Fascia Olivata Spoleto-Assisi”. Nato in epoca romana, questo borgo fortificato inizia ad assumere la sua attuale configurazione a partire dal XIV sec., con la costruzione dell’omonimo Castello, che presenta la caratteristica pianta triangolare di molte delle fortificazioni costruite su pendii. Grazie alla sua posizione tra la Valnerina e la Valle Umbra, dal XV sec. il borgo conosce un lungo periodo di ricchezza, che porta all’espansione del centro abitato oltre le mura e che si riflette anche a livello artistico, nelle decorazioni dei suoi luoghi di culto. Il primo che si incontra, alla porta principale del Castello, è la Chiesa di San Michele Arcangelo: nonostante i lavori che ne hanno più volte modificata la struttura, all’interno è possibile ancora ammirare gli affreschi attribuiti all’anonimo “Maestro di Eggi”. Allontanandosi dal centro storico, ci si potrà imbattere nella Chiesa della Madonna delle Grazie, che dietro la povertà della sua struttura nasconde una serie di ricchi affreschi, per lo più raffiguranti la Vergine e realizzati dalla scuola di Giovanni di Pietro, detto “Lo Spagna”. Tra questi una singolare Madonna a cavallo, opera del Maestro in persona.

Terminata la visita di Eggi, vale la pena incamminarsi alla volta dei piccoli centri di Bazzano Inferiore e Bazzano Superiore. Menzione particolare per “Bazzano di sotto”: alle pendici del Monte Giove viene sovrastato dal suo Castello, sulla cui porta potrete si nota una piccola edicola con una Madonna con bambino. Nonostante i segni del tempo, si può ancora intuire, nelle alte mura della rocca e nelle sue quattro torri, posizionate strategicamente in modo da dominare l’intera area circostante, l’importanza difensiva che questa fortificazione doveva avere durante il Medioevo.

Lasciato Bazzano Inferiore, ci si imbatte nella piccola frazione di Silvignano che, proprio come Eggi, rientra nella categoria dei “borghi fortificati”: a partire dal XIV sec., infatti, viene fortificato in virtù della sua posizione tra la via Flaminia e l’antico Passo della Spiga (che attraverso la Valnerina porta verso le Marche), il che lo rendeva un importante tassello nel sistema difensivo del Contado di Spoleto.

La spiritualità

Natura, storia, spiritualità. Ecco l’altro tassello che compone il mosaico Umbria. Tra spunti sacri e profani, alla ricerca di quella dimensione nascosta che raggiunge il cuore e la mente: esperienze spirituali da vivere nell’intensità dei boschi o nei luoghi scelti dagli eremiti, tra antiche tradizioni religiose e leggende, per ritrovare se stessi.

L’itinerario della Santità femminile

Dal nord al sud dell’Umbria lungo la vita e le testimonianze di sante e beate. Storie straordinarie, edifici, dipinti preziosi ma anche oggetti di uso quotidiano, luoghi che ancora emanano esperienze spirituali. Quest'itinerario è un omaggio alla Santità femminile alla quale Giovanni Paolo II, nella Mulieris Dignitatem, intendeva riconoscere il ruolo di protagonista della pace e del servizio alla vita e all'amore per il prossimo: l’Umbria offre sante e mistiche fiorite nei secoli, alle cui vite e testimonianze è possibile ispirarsi per il proprio percorso interiore.

A Città di Castello è possibile seguire la vita di Santa Veronica Giuliani (monastero delle Cappuccine di Santa Chiara) la cui simbiosi con Cristo si è materializzata nelle stimmate, e della beata Margherita (chiesa di San Domenico), che ha trasformato le sue sofferenze fisiche in pienezza intellettuale e spirituale.

A Perugia si ritrovano le tracce di beata Colomba da Rieti (ex monastero di San Pietro e chiesa di San Domenico), che per le sue capacità visionarie e taumaturgiche ha saputo operare per la pace nella città, all’epoca dilaniata da intense lotte.

È nell’Umbria centro-orientale che si concentrano alcune delle testimonianze più rilevanti. Oltre a Santa Chiara d’Assisi (Porziuncola, monastero San Paolo delle Badesse, San Damiano, Basilica di Santa Chiara), che adolescente lasciò la casa paterna per seguire San Francesco e la sua vita. È anche possibile riperocorrere la storia di tre personalità che nella loro vita hanno dei percorsi differenti ma paralleli verso la perfezione cristiana: Santa Angela da Foligno ( Basilica Superiore, chiesa di San Matteo, convento San Bartolomeo di Merano), beata Angelina da Montegiove (monastero di Sant'Anna) e Santa Chiara da Montefalco (chiesa di San Giovanni Battista, chiesa di Santa Croce).

Spostandosi alle pendici dell’Appennino umbro-marchigiano, sono particolarmente venerate Santa Rita da Cascia (monastero Santa Maria Maddalena, Roccaporena, santuario di Santa Rita, Collegiata di Santa Maria), invocata come “santa delle cose impossibili”, e Santa Scolastica da Norcia (chiesa di San Benedetto, chiesa di Santa Scolastica e a Perugia abbazia di San Pietro) iniziatrice del monachesimo benedettino femminile.

L'ultima tappa di questo viaggio è a Narni, dove nasce la beata Lucia (chiesa di Sant'Agostino, chiesa di Santa Maria Maggiore), donna misticamente unita al Cristo fin da giovanissima.

Via del sud, da Greccio ad Assisi sui passi di Francesco

Il punto di partenza della Via del Sud è il santuario francescano di Greccio in Lazio, incastonato sulla parete collinare che circonda la Valle Santa di Rieti. Il cammino prende avvio nel luogo in cui intorno al 1223 Francesco diede inizio a una delle più tenere tradizioni cristiane: il presepe.

La Via di Francesco del Sud ha una lunghezza totale di circa 180 km, che si consiglia di percorrere in 10 tappe (e con possibilità di scegliere tra alcune varianti), ma ognuno è libero di decidere di aumentare o ridurre la distanza delle singole tappe per venire incontro alle proprie esigenze.

Le prime tappe conducono nei principali santuari della Valle Santa: Greccio; Fonte Colombo; La Foresta e Poggio Bustone. Lungo questo primo tratto si affrontano salite e discese di media difficoltà e la fatica è ricompensata dal bellissimo paesaggio della natura.

Dalla Cattedrale di Rieti si prosegue in salita, prima verso il santuario de La Foresta e poi verso il santuario di Poggio Bustone. L’Itinerario prosegue in Umbria verso Piediluco, dove si viene accolti lungo le sponde del rasserenante lago.

Si cammina prima lungo le sponde del fiume Velino, e poi risalendo lungo il fiume Nera. Questo tratto si sviluppa in piano su uno stretto fondovalle (Valnerina), con la possibilità di una deviazione per scoprire le maestose Cascate delle Marmore.

Dopo una salita impegnativa si lascia la Valnerina per giungere nella Valle di Spoleto, tanto cara a Francesco: “Nihil iucundius vidi valle mea spoletana”.

Le abbazie, le pievi e i conventi testimoniano il fascino spirituale di questo tratto della Via, che racchiude centri storici ricchissimi di arte e storia: Spoleto, Trevi, Foligno, Spello e Assisi.
Il cammino si sviluppa quasi interamente sulla mezzacosta coltivata ad olivo, in un paesaggio che ispira pace. Le salite e le discese, una delle caratteristiche della Via, si susseguono ma senza mai affrontare eccessivi dislivelli. Il cammino da pellegrino si conclude nel silenzio meditando presso la tomba di Francesco all’interno della Basilica Inferiore di Assisi.

Sul sito www.viadifrancesco.it sono disponibili tutte le tappe con le relative mappe, le descrizioni del percorso, i dislivelli, i gps e la lista delle accoglienze povere e specializzate per i pellegrini. E non dimenticate di richiedere la Credenziale del Pellegrino!

L’enogastronomia

Di Vin Santo Affumicato e Sagrantino abbiamo detto. Ma la tradizione enogastronomica umbra è quantomai ricca e varia. Vini, olio, salumi, dolci: qui i prodotti della terra parlano direttamente al cuore. Impossibile nominarli tutti, proveremo solo a dare qualche spunto.

I dolci

Sono numerosissime le dolci ricette legate al periodo natalizio. Il Pampepato ternano è molto apprezzato in quanto unisce il sapore amaro del cioccolato, il dolce del miele e dei canditi, il sapore intenso della frutta secca (noci, mandorle, pinoli, nocciole) e le spezie (noce moscata, cannella e pepe). Nel Perugino si è soliti preparare le Pinoccate, dolcetti a forma di rombi di zucchero e pinoli, bianchi alla vaniglia o neri al cioccolato. Sempre nella zona di Perugia, appartengono alla tradizione natalizia le Pinolate – pasticcini rotondi secchi alle mandorle e pinoli – e il torciglione, un dolce secco a forma di serpente attorcigliato a base di mandorle. Nello spoletino, da autunno fino a gennaio si è soliti preparare ‘la Attorta’ o serpentone, un dolce di pasta sfoglia ripiena di mele, cacao e noci a forma di spirale, mentre nella zona di Assisi, Spello e Foligno si cucina un dolce molto simile chiamato ‘la Rocciata'. La differenza con la Attorta sta nella forma e nell’aggiunta di fichi, prugne, nocciole, mandorle e pinoli agli ingredienti. Nei comuni di Deruta e Torgiano non è Natale senza i Pammelati, dolci molto simili a un supplì nella forma, composti da pane grattugiato, noci, cannella, miele, scorza di arancio, pinoli.

Tipici della zona di Todi e Orvieto, i maccheroni dolci sono una specialità locale tradizionalmente preparata in occasione di due importanti vigilie, quella di Ognissanti e quella di Natale. La preparazione è la stessa di un classico piatto di pastasciutta, ma all’olio e al formaggio si sostituiscono miele e nocciole. Per la festa di Ognissanti del 1 Novembre a Perugia si è soliti preparare le ‘Fave dei morti' o ‘Stinchetti', dolcetti a base di mandorle disponibili nella variante più o meno morbida.

A Perugia, ogni 29 gennaio le vetrine delle pasticcerie e dei forni sono occupate principalmente dal Torcolo di San Costanzo, un dolce povero a forma di ciambella avente come base la pasta di pane, con l’aggiunta di uvetta e canditi preparato in onore del santo patrono della città.

Tra i dolci umbri tipici del Carnevale, i più noti sono le Frappe – un impasto di uova, farina, burro, zucchero e lievito tagliato a striscioline, legato a piccoli nodi e fritto nell’olio bollente –, gli strufoli alla perugina o Castagnole, chiamati così a seconda della zona dell’Umbria in cui vengono preparati e di diverse dimensioni, più grandi i primi, più piccoli e a forma di gnocchetto i secondi. Sia gli strufoli sia le castagnole vengono fritti e serviti imbevuti di alchermes o cosparsi di miele o zucchero. Altro dolce carnevalesco è la cicerchiata umbra, una ricetta molto antica basata su ingredienti poveri come farina, olio e poco zucchero; l’unico “lusso” di questa ricetta è il miele e i confettini di zucchero colorati dei quali è cosparso. La cicerchiata deve il suo nome alla cicerchia, un legume del quale ricorda la forma, oggi poco conosciuto se non dagli amanti dei cibi tradizionali. Riguardo al periodo Pasquale, il dolce più famoso è sicuramente la Ciaramicola perugina, una torta a forma di ciambella di colore rosso ricoperta di una glassa bianca e confettini colorati.

Vengono preparati tutto l’anno e non sono legati a festività specifiche i famosi Tozzetti, dei pasticcini secchi alle mandorle, ottimi da gustare inzuppati nel vinsanto.

L’antica arte della norcineria

L’Umbria è conosciuta in tutto il mondo per un prodotto frutto di una vera e propria arte: la norcineria, con tutto quello che il maiale può offrire. La norcineria, intesa come lavorazione del maiale, non ha origini certe: alcuni sostengono che nasca grazie a un gruppo di ebrei arrivati in Valnerina, i quali non potendo mangiare la carne di maiale per motivi religiosi, dovevano conservarla per poterne fare commercio. Da lì in poi sarebbe nata una vera e propria materia di studio capace di trasformare il maiale in tante opere d’arte culinarie.

Certo è invece che i macellai, specie quelli di Norcia, erano famosi già ai tempi dei Romani e per secoli sono partiti dalla Valnerina per andare a tagliare e salare i maiali nelle fattorie di tutto il Centro Italia. Pensate che erano così bravi da essere chiamati come chirurghi nelle maggiori corti d’Europa! Ottima carne, ricchezza di erbe aromatiche e aria pura: gli ingredienti ideali per confezionare un prodotto sano e pregiato.

A Norcia è possibile sia acquistare sia degustare leccornie come le fiaschette del prete (dei salami macinati finemente); il celebre prosciutto di Norcia, che nel 1998 ha guadagnato la certificazione IGP; i salami di cinghiale tartufato e i “coglioni di mulo”, salami con al centro un pezzo di grasso da sciogliere sulle bruschette calde. Molto particolare è il ciauscolo, un salame spalmabile ottenuto dalla macinazione di spalla, lonza, prosciutto, pancetta e spezie.

Poco lontano da Norcia sorge Preci, un bellissimo borgo, nel cuore della verde Valnerina: qui bisogna assaggiare il capocollo, la pancetta, la coppa e i “coglioni di mulo”.
A Spoleto, la città più grande della zona, passeggiando per le suggestive strade del centro storico, non ci si può non fermare ad assaggiare la porchetta che, insieme a quella di Costano (frazione di Bastia Umbra) è la più rinomata. Un altro buonissimo salame tipico della zona è la corallina: dalla tipica forma allungata che ricorda i rami di corallo, si tratta di un salame di carni suine magre, macinate fine con aggiunta di lardelli a cubetti, tipica della tradizione pasquale umbra.

Cioccolato, tartufo e zafferano

Infine, tre informazioni spot per solleticare la curiosità su tre eccellenze umbre che parlano d’amore: il cioccolato, il tartufo e lo zafferano. Il cioccolato, legato indissolubilmente a Perugia e a Luisa Spagnoli, ideatrice del celebre “Bacio Perugina”. La leggenda racconta che, nelle lontane Americhe, il dio azteco Quetzalcoatl, il “serpente piumato” o “uccello-serpente”, arrivò sulla Terra con un dono per gli uomini rubato agli dèi, un albero di cacao, e gli insegnò come coltivare questa preziosa pianta, a raccoglierne i frutti e a macinarne i semi per creare una profumata bevanda, da insaporire con erbe e spezie, dalle straordinarie qualità energetiche e afrodisiache: il cacahualt o tchiocolatl.

Il tartufo, la cui lunga e affascinante storia è mescolata, in modo inevitabile, al mito. L’Umbria è terra di tartufi da secoli: gli antichi Umbri chiamavano “tartùfro” quel “sasso profumato”, e ne introdussero l’uso e la conoscenza in tutta la penisola. Nel 1868 Gioachino Rossini, che viveva a Parigi, chiedeva tartufi di qualità dall’Umbria, con una lettera spedita ad un commerciante spoletino. Si firmava "ex compositore di musica". Quei tartufi partirono in fretta per l’autore del “Barbiere di Siviglia” e del “Guglielmo Tell”. La missiva è conservata nel museo del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto.

Lo zafferano: nel mito greco si narra la storia di Crocos e Smilace. Lui, mortale, innamorato della ninfa Smilace, bella e giovane per l’eternità, fu trasformato nella pianta dello zafferano e lei in quella della smilax aspera. Motivo d’orgoglio per la Regione, questa produzione accompagna la storia del territorio, esaltando le peculiarità dei luoghi di coltura e confezione.

 

Ascolta il podcast Robintur dedicato all'Umbria.

Settembre 2020

Gallery

il mondo secondo robintur

Città che rimangono nel cuore, panorami indimenticabili, esperienze imperdibili: leggi e lasciati ispirare.

Andare per mercatini

Aspettando il Natale: luci, sorprese e qualche curiosità

Dolcetto o viaggetto?

Qualche idea per trascorrere fuori casa il weekend di Halloween.

Inseguire le foglie che cadono

I magici paesaggi trasformati dal foliage d'autunno.

Eolie, le sette sorelle

Il Mondo da Scoprire - Racconti di viaggio - Stagione 3 | Episodio 5

Lampedusa e le Pelagie

Il Mondo da Scoprire - Racconti di viaggio - Stagione 3 | Episodio 4

Turismo consapevole

Luoghi magici, con persone speciali
Leggi tutti gli articoli

 

Robintur Travel Group è uno dei maggiori network di agenzie di viaggi in Italia ed è parte del Gruppo Gattinoni. Lavoriamo ogni giorno per proporti programmi di viaggio originali e per selezionare le migliori vacanze al giusto prezzo. Puoi trovare la nostra offerta di viaggi anche in tutte le agenzie a insegna Robintur o Viaggi Coop. Se sei socio Coop, scopri tutti i vantaggi a te riservati nella sezione dedicata ai soci.

 

     

Tutti i viaggi

  • Destinazioni
  • Tour
  • Mare
  • Italia
  • Crociere
  • Nozze

Ispirazioni

  • Lasciati ispirare
  • Collezioni
  • Cataloghi
  • Soci Coop
  • Viaggi per gruppi
  • Podcast

info e servizi

  • Chi siamo
  • Lavora con noi
  • Agenzie
  • Prenota il tuo appuntamento
  • Welfare
  • Risarcimento voli
  • Guida alla navigazione
  • Contatti
  • Condizioni generali
Cookie Policy Privacy Policy Info societarie Rivedi le tue scelte sui cookie

ROBINTUR S.p.A. - via M.L.King n.38/2 - 40132 Bologna - Telefono +39.051.4133711 - Fax +39.051.4133700 - C.F. - P.IVA - R.I. (BO) 03605730377 - R.E.A. di Bologna n. 304765 - Capitale Sociale € 6.000.000 interamente versato - Società unipersonale - soggetta alla Direzione e Coordinamento di Gattinoni Travel Network srl a Socio Unico - Milano (MI).