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Abruzzo da scoprire

Il Mondo da Scoprire - Episodio 10

Natura incontaminata, itinerari ed escursioni, eccellenze enogastronomiche, borghi, mare, spiritualità e cultura. L’Abruzzo si stende, orgoglioso, tra l’Adriatico e gli Appennini. L’entroterra è costituito per la gran parte da parchi nazionali e riserve naturali, ma non mancano anche numerosissimi paesini medievali e rinascimentali abbarbicati sulle colline. Il capoluogo di regione, L’Aquila, è una città cinta da mura, vittima di alcuni tragici terremoti. La Costa dei Trabocchi, con calette di sabbia e sassi, pietre grandi e pietre piccine, appuntite oppure smussate, prende il nome dalle tradizionali macchine da pesca diventate un tutt’uno con i pontili. L’Abruzzo è anche patria di grandi poeti e scrittori: da Ovidio, nato a Sulmona, al pescarese Gabriele D’Annunzio; dall’aquilano (nacque a Pescasseroli) Benedetto Croce a Ignazio Silone, anche lui aquilano, ma di Pescina; da Ennio Flaiano, pescarese, al lancianese d’adozione Remo Rapino, fresco vincitore del Premio Campiello con il suo “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”.

Per avere uno sguardo più completo su questa meravigliosa regione, consigliamo anche l’ascolto del nostro podcast e della playlist, un viaggio tra le atmosfere magiche e arcaiche abruzzesi.

Il mare d'Abruzzo

Centotrentatré chilometri di litorale che alternano coste frastagliate ad arenili dorati, spiagge animate e lidi solitari. Parlando di coste: nord le sette perle della “Costa Giardino” abruzzese, Martinsicuro, Alba Adriatica, Tortoreto, Giulianova, Roseto degli Abruzzi, Pineto e Silvi, con spiagge sabbiose e lidi attrezzati. Nel tratto di costa tra Silvi e Pineto, circondata da una fitta macchia di pini domestici e pini d’Aleppo, svetta la Torre del Cerrano, simbolo dell’omonima Area Marina Protetta. A sud, da Ortona a San Salvo, la costa si caratterizza per la presenza di scogliere e piccole calette ghiaiose dove è bello immergersi con la maschera per osservare i fondali movimentati in un mare limpido. Qui i Trabocchi, antiche macchine da pesca costruite in legno, impreziosiscono questo splendido tratto di costa, conosciuto appunto come “Costa dei Trabocchi”. Nel territorio di Vasto, la Riserva Naturale di Punta Aderci è l’angolo più spettacolare di tutto il litorale abruzzese. Nell’imbarazzo della scelta, vi consigliamo due mete: Fossacesia e Vasto.

Fossacesia, provincia di Chieti, è adagiata su dolci colline che si affacciano sull’Adriatico, nel cuore della Costa dei Trabocchi. Baie e insenature si alternano a spiagge di ciottoli e arenili sabbiosi. Una ricca vegetazione mediterranea fa da cornice, punteggiata da ginestre e da finocchietto marino, con aranceti e uliveti che giungono quasi fino al mare. Abitata già in epoca preromana dai Frentani, nel medioevo divenne feudo della splendida basilica cistercense di San Giovanni in Venere, che domina l’ampio golfo sottostante. Il centro abitato conserva palazzi pubblici e ville nobiliari costruiti a partire dal 1600. La maggior parte delle strutture ricettive si trova a sud del litorale roccioso di Punta Cavalluccio, tratto di costa molto bello e ben conservato, reso ancora più caratteristico dai trabocchi. Consigli culinari? I peperoni a corno di toro, i pomodori secchi delle Piane del Sangro, pecorini e altri formaggi. E poi lo scapece, la minestra di crostacei e patate, la frittura di paranza, il brodetto di pesce e gli arrosticini di carne di pecora.

Vasto, sempre in provincia di Chieti, è una splendida cittadina affacciata sul cosiddetto “Golfo d’Oro”, lungo la Costa dei Trabocchi. Ha origini antichissime e raccoglie le vestigia di tremila anni di civiltà, testimoniate da antiche torri, fortificazioni, chiese e palazzi. Da non perdere, le antiche Terme risalenti al II-III secolo d.C., dove sono stati rinvenuti preziosi pavimenti in mosaico raffiguranti il dio Nettuno e altre scene marine; il Palazzo d’Avalos che, con i suoi stupendi giardini, è uno dei più significativi esempi di architettura rinascimentale abruzzese; il Teatro Rossetti, uno dei più antichi d’Abruzzo; la Marina di Vasto, caratterizzata dall’ampia spiaggia sabbiosa e dai fondali bassi: verso Nord la costa è frastagliata da suggestive scogliere con incantevoli baie e calette rese ancora più suggestive dai trabocchi. Cosa mangiare? Senza dubbio il brodetto alla vastese, un brodetto di pesce tipico della zona.

Dieci riserve naturali

Abruzzo regione verde d’Europa (ascoltate il nostro podcast per sapere tutto sui parchi abruzzesi), dove l’ambiente è una risorsa protetta. La “wilderness”, la natura incontaminata, la sua dimensione “selvaggia” e autentica si protraggono fino al mare, rendendo ancora più suggestiva la scoperta della costa. Tra le 10 riserve, da non perdere Punta Aderci, a Vasto e Torre del Cerrano, a Pineto.

La Riserva Naturale Regionale di Punta Aderci, con l’omonimo promontorio roccioso, tutela uno dei tratti più suggestivi e spettacolari del litorale abruzzese, che alterna spiagge ampie e sabbiose a scogliere naturali con baie e calette di suggestiva bellezza. È stata la prima riserva a essere istituita in Abruzzo nella fascia costiera (1998). Si estende per circa 285 ettari dalla spiaggia di Punta Penna nel territorio di Vasto (CH) alla foce del fiume Sinello, al confine con il comune di Casalbordino (CH). A nord del Porto di Vasto si stende un’ampia insenatura con una grande spiaggia di sabbia chiara e sottile che degrada dolcemente nel mare limpido e cristallino, ideale per itinerari in canoa e immersioni. I fondali sono ricchi di vongole, telline e granchi. Al limite dell’arenile, all’ombra della falesia, si estendono le caratteristiche dune costiere che conferiscono al paesaggio un aspetto selvaggio e molto scenografico. Qui regna la vegetazione tipica della macchia mediterranea: l’eringio, la gramigna delle spiagge, gli sparti, i convolvoli, la silene colorata, il ginestrino delle sabbie, il mirto, il giglio marino. Dalla spiaggia è possibile risalire lungo una gradinata sulla sommità della falesia, da cui è possibile raggiungere il promontorio di Punta Aderci, costeggiando la strada asfaltata e proseguendo su quella sterrata che attraversa l’altopiano e permette di raggiungere il punto più alto del promontorio (m. 26). Da qui è possibile ammirare l’intera riserva e i sottostanti fondali marini e godere di una vista straordinaria che, al tramonto, disegna i profili delle montagne dei tre parchi nazionali: la Majella, il Gran Sasso-Laga e i Monti Sibillini. Proseguendo nel cammino si raggiunge la splendida e solitaria spiaggia di ciottoli di Mottagrossa. Sovrastante la spiaggia è possibile percorrere un sentiero panoramico in quota (20 m s.l.m.) di circa 3 chilometri che consente di scoprire, a piedi o in bicicletta, un paesaggio unico, articolato in ampie pinete sul mare, vallate e tratti di macchia mediterranea. Le dune e l’ambiente fluviale offrono un ambiente ideale per molte specie di uccelli, come aironi, svassi, sterne, cormorani, il falco di palude e il fratino (che campeggia non a caso nel logo della riserva).

L’Area Marina Protetta Torre del Cerrano è stata istituita con decreto del Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare del 2009. Lo specchio d’acqua dell’Area Marina presenta i tipici fondali sabbiosi adriatici e alcune parti di scogliere di fondo. Nell’ambiente subacqueo dell’area protetta è facile imbattersi in svariate specie di pesci e molluschi, tra i quali spiccano gronchi, spigole, sogliole e saraghi, che vivono a contatto con i fondali sabbiosi caratterizzati da estesi e importanti banchi di Chamelea gallina (vongola comune). Sulle dune dell’Area Marina Protetta, oltre all’osservazione di molte e interessanti specie di insetti come lo Scarabeus semipunctatus e il raro Lamprinodes pictus, si può rilevare la presenza di specie di avifauna insolite e particolari. Qui nidifica il fratino (Charadrius alexandrinus), raro uccello migratore che frequenta la spiaggia da aprile a settembre inoltrato e che torna ogni primavera per la deposizione delle proprie uova. Tra la vegetazione dunale troviamo stupendi esemplari di Giglio di mare, di Verbasco del Gargano, di Soldanella marittima e di Euforbia delle spiagge. Nell’area sud, a ridosso delle pinete è inoltre presente una densa popolazione del rarissimo Zafferanetto delle spiagge. La pineta, abitata dal Pino d’Alleppo e dal Pino da pinoli, costituisce un ambiente unico, un continuum tra mare e terra che crea un microclima particolarmente favorevole durante la stagione estiva e che contiene all’interno anche elementi di alta valenza naturalistica. Proprio di fronte alla Torre, immerso fra le acque, si trova quello che da più di un ricercatore viene indicato come l’antico porto della città di Hadria, probabilmente di epoca romana. La Torre Cerrano è una delle antiche torri costiere del Regno di Napoli, si trova sulla costa dell’Adriatico, in provincia di Teramo, tra Silvi e Pineto. È uno pochi esempi rimasti integri della fitta rete di fortificazioni costiere del Regno di Napoli, che avevano la funzione di respingere i frequenti attacchi di turchi e saraceni provenienti dal mare.

I borghi abruzzesi

L’Abruzzo è una regione che sa conservare: è questa l’affermazione che meglio sintetizza lo spirito e l’indole di questa terra. Scoprendo il suo straordinario paesaggio naturale, percorrendone le antiche e signorili città e i millenari borghi arroccati sulle cime, l’impressione più immediata che se ne trae è quella di una regione che è riuscita a conservare molte delle sue caratteristiche originarie, in cui un ambiente integro e una presenza immemorabile dell’uomo mostrano di aver saputo trovare la via per un reciproco, rispettoso equilibrio.

Per esempio, c’è Guardiagrele (CH), situata nel territorio del Parco nazionale della Majella di cui è la sede. La “città di pietra” narrata da Gabriele d’Annunzio nel “Trionfo della morte” è un borgo dalla storia antica: colonizzato dai Benedettini che eressero sul luogo un monastero, ebbe il suo massimo splendore intorno al XII secolo. L’urbanistica e le architetture del centro recano impresse le tracce di questo passato: torri millenarie, chiese, vecchie case e stretti vicoli, il borgo incanta con il suo racconto delle atmosfere medievali. Cuore dell’identità di Guardiagrele è però il suo artigianato: il paese vide nascere scuole di alta perfezione e personalità di spicco come Nicola da Guardiagrele, allievo di Ghiberti, e ancora oggi incanta con le creazioni d’arte e artigianato che qui vengono realizzate, tra gli splendidi manufatti dell’arte orafa. Da non perdere, le antiche botteghe di ferro battuto, ceramica, legno tornito, rame lavorato, tombolo, coperte e costumi abruzzesi, pietra lavorata, arte orafa e gioielli del centro storico, oltre che tutti i dolci tipici della zona: torroni, amaretti, marzapane e, soprattutto, le sise delle monache, paste fresche di pan di spagna farcite di crema e cosparse di zucchero a velo.

Opi (AQ), invece, è un piccolo borgo arroccato immerso nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Circondato da un paesaggio montano di grande fascino, ha due punti panoramici da cui lo sguardo spazia per le distese della Valle del Sangro: il Belvedere La foce, posto in cima al paese, e il Belvedere di Piazza dei Caduti. Territorio abitato già dai tempi più antichi, come testimoniano i ritrovamenti archeologici nella “grotta Graziani”, ha una storia particolare: furono infatti i monaci benedettini, all’inizio dell’XI secolo, a fermare un processo di spopolamento che stava colpendo l’area e fu scelto come sito lo sperone roccioso che ospita oggi il borgo perché facilmente difendibile. Cuore di storia antica, Opi, ma anche di natura: da qui partono numerosi sentieri, per andare alla scoperta del territorio e respirarne l’essenza. Merita un visita il Museo del Camoscio, ospitato nelle tre sale dell’edificio signorile costruito dalla famiglia Bevilacqua a cavallo tra Sei e Settecento. Dando uno sguardo alle tradizioni enogastronomiche, si possono gustare prelibate minestre come tagliolini e fagioli, sagne e ceci, ravioli con la ricotta, i classici gnocchi di patate. La pecora al cotturo è un piatto diffuso in tutto il territorio, che lega le sue origini alla transumanza (ascoltate il nostro podcast per sapere tutto sulla transumanza). Molto invitanti la ricotta, le scamorze, i caciocavalli, le trecce e il famoso pecorino abruzzese prodotti con latte di mucca e di pecora. I dolci delle feste, a base di farina uova e mandorle, assumono un nome diverso a seconda della ricorrenza: il capitone è tipico di Natale, l’agnello di Pasqua, la lepre per la nascita del primo nipotino e, per i matrimoni, scarpelle, mostaccioli e gli ottimi torroncini ricoperti di un glassa chiamata naspro. Cecamarini e tanozzi sono i classici fritti di Carnevale.

Ultimo spunto tra le decine disponibili, Pietracamela. Il borgo, immerso nella natura e posto a 1030 metri d'altitudine, è arroccato sulle pendici del Corno Piccolo del massiccio del Gran Sasso nell’area protetta del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. È un bellissimo centro montano, reso unico dalle caratteristiche abitazioni in pietra, dalle piccole “viuzze” che percorrono il paese e dalle deliziose chiesette in stile romanico, ricche di tesori artistico-religiosi. Dal paese si gode di uno scenario di incomparabile bellezza: i Monti della Laga con le loro foreste ricche di acque che scendono copiose a valle, il maestoso Gran Sasso con il Corno Grande e le sue cime aguzze e le pareti verticali, i ghiacciai e tutte le meraviglie della montagna. Da Pietracamela partono bellissimi sentieri. Tra le prelibatezze, lo spezzatino di capra, i caratteristici ravioli di Pietracamela, “U cavciaun”, ossia la pasta non lievitata cotta e cosparsa di zucchero , “U mstrariegl”, ossia mostarello, un dolce a forma di uomo chiamato anche cornutello per via delle corna che lo caratterizzerebbero, oltre ai prodotti del bosco come funghi e castagne.

Sapori della terra d'Abruzzo

La cucina abruzzese ha molte anime data la varietà del territorio e delle culture che in essa convivono. Se siamo nell’entroterra della Regione, da un lato abbiamo l’evoluzione della cucina agropastorale, quella dei contadini e dei pastori “poveri” delle zone montane e pedemontane fatta di piatti semplici e saporiti, di carni ovine, zuppe e minestre, formaggi ed erbe aromatiche, dall’altro c’è quella “colta e borghese” di Teramo, capace di valorizzare sapori primari con preparazioni più complesse: timballo di scrippelle; “mazzarelle”; “virtù”. Se invece ci spostiamo sulla costa, troviamo una cucina meno evocativa, ma non per questo meno importante, ovvero la cosiddetta cucina marinara. Lungo i centotrenta chilometri di costa (ascoltate il nostro podcast per sapere tutto sulla Costa dei trabocchi) essa declina la varietà del pescato con semplicità e sapore, andando a sposare il patrimonio di ortaggi e verdure delle colline a ridosso della costa.

Tra i prodotti tipici, segnaliamo la liquirizia d’Atri e il guanciale amatriciano. La liquirizia d’Atri, nota anche come l’oro nero d’Abruzzo, è una radice dolce dalle innumerevoli proprietà e dai molteplici utilizzi. Questa regione vanta una centenaria tradizione nella produzione della liquirizia ed è tra le regioni con la maggior produzione, dove la pianta viene lavorata fin dall’epoca romana, soprattutto ad Atri (TE) e dintorni. La liquirizia, oltre a essere un prodotto da gustare in confetti, radici e caramelle, è diventato nel tempo un ingrediente ricercato in molti settori, dall’industria farmaceutica, dolciaria, cosmetica, a quella del tabacco. Da secoli il succo delle radici, di cui questo territorio è ricco, è utilizzato come rimedio e medicamento per molti disturbi e malattie in erboristeria e nell’industria farmaceutica per il suo elevato potere edulcorante, che è circa 50-100 volte superiore a quello del saccarosio. Senza mai dimenticare il semplice, antico piacere di rotelle, bastoncini, pesciolini, confetti ripieni, caramelle, insomma di tutte quelle multiformi delicatezze che fanno la felicità di tutti. Le sue virtù sono molteplici: la liquirizia ha infatti proprietà dissetanti, rinfrescanti, antiossidanti e antinfiammatorie, è un ottimo rimedio contro la tosse, il mal di gola e la pressione bassa. Già nel Medioevo i frati domenicani, tra i primi a diffondere l’uso della virtuosa radice in tutta Europa, estraevano il succo di liquirizia e primi documenti sulla storia della radice dolce in Abruzzo risalgono al 1433, dove esistevano già all’epoca toponimi che richiamavano la sua presenza, come ad esempio Contrada Regolizie. Grazie al terreno argilloso e all’ottima resa delle piante di liquirizia, le attività legate a questa pianta e al suo utilizzo hanno subìto una veloce ascesa tanto che l’Abruzzo nell’800 si affermava nel panorama dolciario italiano come una delle regioni più attive nella produzione di liquirizia.

Il guanciale amatriciano ha un sapore intenso e leggermente piccante che accentua il gusto dell’affumicatura. Al taglio si presenta molto compatto con colorito bianco per la parte grassa e rosso vivo per la rimanente. Il procedimento di lavorazione prevede che la guancia del maiale, tagliata in forma triangolare, venga messa sotto sale per 4 o 5 giorni e quando è ancora umido, spolverato abbondantemente con pepe e peperoncino, a seconda delle tradizioni. Il guanciale viene appeso a una pertica di legno (avendo prima praticato un foro sul vertice del triangolo attraverso il quale viene fatto passare lo spago che serve per appenderlo) per circa un mese con un camino o braciere, dove arde continuamente legna e dove avviene la saltuaria affumicatura che gli conferisce quel particolare sapore. Quando la cotenna è perfettamente asciutta e ha assunto il classico colorito marroncino, si espone all’aria di tramontana, dove, per circa 2 mesi, completa la stagionatura. In Abruzzo il guanciale amatriciano è un prodotto tipico dell’area montana del Campotosto (AQ).

Tra i vini, oltre al meraviglioso Montepulciano d’Abruzzo e al Cerasuolo, segnaliamo il Trebbiano. Il Trebbiano Abruzzese è il vitigno autoctono che assieme al Montepulciano ha scritto la storia della vitivinicoltura in Abruzzo. Dopo il Cataratto è il vitigno a bacca bianca più diffuso per estensione di ettari, un primato poco lusinghiero per un vino, se considerato solo dal punto di vista commerciale un prodotto di larga diffusione. Realizzato con varie tecniche di lavorazione, oggi sempre più produttori scelgono la via qualitativa dando vita a prodotti complessi e strutturati grazie anche alla tecnica dell’invecchiamento in barrique o affinamento in anfore di terracotta. Da “Trebulanus”, ovvero fattoria, il termine appare nel XVI secolo, per indicare un vino bianco locale che oggi definiremo paesano o casereccio usato dai contadini stessi. Presente tra roccia e mare in tutte le quattro province abruzzesi, il Trebbiano ha vissuto una nuova evoluzione dagli anni 60 a oggi, acquistando una maggiore identità con l’arrivo della Doc nel 1972 e l’iscrizione ufficiale nel catalogo nazionale delle varietà nel 1994. In abbinamento è ottimo con antipasti di mare e verdure, minestre, paste e risotti in bianco, carni bianche in genere. Formaggi semi-stagionati, pecorino di Farindola o un caciofiore aquilano si abbinano perfettamente a un Trebbiano d’Abruzzo di grande struttura magari nella versione riserva.

Per chiudere in bellezza e dolcezza, un accenno al vino cotto: il vino cotto è un prodotto tipico del territorio abruzzese. Consumato normalmente come dessert, presenta una gradazione alcolica variabile secondo la tecnica di produzione e il periodo d’invecchiamento. Può essere secco o dolce per la presenza di residuo zuccherino, ma mantiene un retrogusto sapido. Il mosto appena ottenuto dalla pigiatura di uve bianche e/o rosse viene versato in una grossa caldaia di alluminio o di acciaio inox o di rame. La caldaia è posta a bollire direttamente su un treppiedi o su altra attrezzatura idonea sotto cui viene alimentato il fuoco, che deve essere vivo e lento per far sì che il mosto venga a ebollizione e non trabocchi mai dal recipiente, procedendo all’eliminazione della schiuma che viene eventualmente a formarsi. Con la bollitura, oltre alla perdita d’acqua, si hanno trasformazioni che modificano il gusto e il profumo, conferendo al prodotto un sapore e un odore caratteristici. La più antica testimonianza sul “vino cotto” in Abruzzo si trova nella pubblicazione di Filippo Rizzi “Memoria sull’abuso di cuocere il mosto” del 1811, ma anche lo scrittore inglese Edward Lear, nel suo libro “Illustrated Excursions in ltaly (1843-1844)” parlando di Carsoli e del territorio circostante scriveva: “Ho assaggiato alcuni vini, stagionati per molti anni, che erano di poco inferiori al buon Marsala”. Si trattava del “vino cotto”, invecchiato e stagionato (da non confondere con il vino mescolato al mosto cotto che ha una gradazione alcolica più alta e un maggiore tempo di conservazione). Guido Giuliani nel suo libro “Il vino in Abruzzo” (1975) scrive a proposito del vino cotto: “Vino da dessert di antica tradizione e di particolare pregio, che si consuma nelle occasioni da ricordare, o quale coadiuvante nella cura del raffreddore e dell’influenza”. Ancora oggi, infatti, il vino cotto accompagna il brindisi di molti banchetti nuziali. Come vuole la tradizione, il padre dello sposo offre agli invitati questo particolare vino, preparato alla nascita del figlio maschio e conservato in una piccola botte fino il giorno del suo matrimonio, con un invecchiamento di almeno 25-30 anni, che viene gustato come una delizia dai partecipanti e apprezzato come bevanda, ottima per facilitare la digestione.

 

Ascolta il podcast Robintur dedicato all'Abruzzo.

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