Svesti i panni del turista e indossa quelli dell’esploratore. Quando apre le sue antiche porte, la Giordania lo fa per sorprenderti. È il 1812 quando l'esploratore svizzero Johann Burckhardt capisce che in fondo a un canyon appena percettibile deve esserci per forza una città perduta. Allora insiste, avanza, si fa strada. E trova Petra. Non è semplicemente la città di un popolo semisconosciuto, i Nabatei; è un luogo mitico, magico, senza tempo, pronto a rapire chi ne varca le porte.
Anche oggi percorrere tutto il Siq significa entrare in un “buco” spazio-temporale. All’improvviso, di fronte a te, il Tesoro: imponente, scolpito nella montagna che lo ospita. Lo sguardo vola verso l’alto e intercetta i raggi di un sole leggero che la pietra conosce da secoli. Attraversi la città e calpesti strade ricamate di passaggi millenari. Ai tuoi lati, su rocce vestite di rosso, cogli l’eco di antichi rivoli d’acqua, segno di un passato più vivo che mai. Quando la sabbia ti accarezza di nuovo sei a Wadi Rum. La brezza del deserto accompagna il tuo passo pesante di beduino, mentre il respiro accoglie l’immensità. La stessa grandezza che trovi anche a Jerash, sito magnifico, stili che si fondono in un solo tempo. Greci, romani e popoli mediorientali che lasciano in un unico posto tracce e gusti diversi.
Ancora più in là risalta il riflesso di un grande lago che, forse per vanità, o forse a buon diritto, si fa chiamare mare. La distesa salatissima del Mar Morto ti invita a una sensazione unica: passo dopo passo diventi leggero, perso nell’indefinito, quasi impalpabile, a metà strada tra il volo e l’inesistenza. È la pace di un corpo che perde il suo peso. È la Giordania.